La difesa del Campidoglio si articolerà intorno a due punti chiave: il primo è che la riqualificazione di una parte del piazzale antistante la stazione Tiburtina non ha nulla a che vedere con il progetto della delibera di iniziativa popolare, ma è una variante ricompresa nel perimetro dei lavori di abbattimento della sopraelevata; il secondo è che di fronte allo scalo ferroviario si creeranno 6 mila metri quadrati di aree pedonali in più, tra cui una corsia per i trolley larga 14 metri che conduce fino in fondo a piazzale Mazzoni, e verranno piantati 43 alberi a fronte dei 50 lecci abbattuti (altra contestazione mossa dai residenti). L’assessore all’Urbanistica, Luca Montuori ritiene che, mai come in questo momento di grave crisi per il Paese, «i lavori debbano proseguire e vadano tutelate le imprese». Tanto più che «la variante adottata è tecnica, non urbanistica» e «l’intervento attuale è altro rispetto al piano della delibera di iniziativa popolare, per il quale servirebbero 20-30 milioni (è invece di 9 milioni l’ammontare dell’appalto per la demolizione della sopraelevata, ndr)». Montuori teme che, con il blocco del cantiere si verifichi quanto è già successo per via Tiburtina: stop della Sovrintendenza per una variante in corso d’opera, impresa fallita e quattro anni di sabbie mobili. L’assessora alla Mobilità, Linda Meleo, ribadisce: «Aspettiamo di conoscere la pronuncia del Tar: Roma merita di crescere e di diventare una città diversa». Il capogruppo M5S, Giuliano Pacetti, se la prende con «chi è pronto a strumentalizzare questa notizia e con le opposizioni: nemici della gioia e della bellezza». Enrico Stefàno, presidente della commissione Trasporti, parla di «sconfitta per tutta Roma», di «clamoroso e inaccettabile ritorno al passato».