“Deluso e amareggiato”. Sono parole del presidente della commissione capitolina al Commercio Andrea Coia, aggredito lo scorso 10 gennaio con una testata da uno degli urtisti, i venditori ambulanti presenti con le loro postazioni mobili in diversi punti di pregio del Centro Storico di Roma ai quali l’amministrazione ha imposto la delocalizzazione. “Una concessione non è per sempre e te la devi meritare – prosegue Coia -. Non è un posto di lavoro a tempo indeterminato. Spostare i posteggi è doveroso. Abbiamo anche aperto all’individuazione di altri posteggi in luoghi non tutelati e alla riconversione di altro tipo di licenze. Non possiamo accettare che non vi sia adeguata tutela per chi vuole dare segnali di legalità ma che regni solo la legge del più forte e del più ignorante”.
Uno scontro sempre più acceso
Diventa sempre più acceso quindi il dibattito sulla questione degli urtisti. Che di andarsene non ne vogliono sapere. Tanto da arrivare allo scontro anche fisico. “Coia era uscito in quel momento da una riunione con i rappresentanti di categoria. È un’aggressione che non ha assolutamente spiegazione. Si è potuto allontanare solo scortato dai nostri agenti della Polizia Locale e dagli agenti della Polizia di Stato” ha raccontato il capogruppo capitolino dei 5stelle, Giuliano Pacetti. “Ci sono delle alternative previste per legge. I commercianti possono scegliere un indennizzo e la trasformazione in licenza taxi, non sarà perso nessun posto di lavoro. Al contempo queste piazze saranno restituite a cittadini e turisti – aveva spiegato la sindaca Raggi, il giorno dopo l’aggressione a Coia, visitando Fontana di Trevi -. Abbiamo restituito questa piazza storica alla libera fruizione dei cittadini”.
Una decisione che non convince
Non tutti, però, ritengono che a minori bancarelle corrisponda maggiore pulizia. “In una città ormai cloaca a cielo aperto, la Raggi rivendica il ‘decoro urbano’ ottenuto sulle piazze di Roma dopo aver tolto le postazioni agli unici lavoratori storici, regolari e titolati ad operare – sentenzia il consigliere regionale di Italia Viva Enrico Cavallari -. Le ipotesi alternative che propone la Raggi agli urtisti, sfrattati d’imperio dalle loro storiche postazioni, richiedono mesi di lavoro: per convertire quelle licenze in taxi ci sono passaggi normativi obbligatori a livello nazionale, regionale e comunale. Al netto dell’aspetto sindacale. Ma il sindaco di Roma lo sa? – domanda ironico il consigliere, lanciandosi in parallelismi arditi -. La Raggi si assuma la responsabilità di affamare 115 famiglie romane, togliendo loro quello stesso lavoro di cui vennero private con le Leggi razziali del 1938”. La provocazione di Cavallari si riferisce al fatto che molti degli urtisti sono di religione ebraica.
Respinte al mittente le accuse di antisemitismo
Un paragone che non poteva che scatenare le reazioni del Campidoglio. “Oggi un provvedimento di civiltà viene associato all’antisemitismo. Si cerca di tutelare il Pantheon e la Fontana di Trevi e si viene accusati di antisemitismo. Piegare e assoggettare un tema come la Memoria in funzione della diatriba politica più spicciola è operazione equivoca e sleale” ribatte l’assessore al personale di Roma Antonio De Santis. E mentre i toni dello scontro si accendono anche in politica, proseguono le proteste degli urtisti. Che lunedì pomeriggio hanno incontrato il prefetto, mentre proseguiva il presidio della categoria in piazza santi Apostoli.