Sul destino dell’ex velodromo le idee sembrano ancora poche e confuse. Di recente l’amministratore delegato di Eur spa, Antonio Rosati, una lunga carriera all’ombra dei dem, e il presidente della stessa società, partecipata al 90% dal Mef e al 10% da Roma Capitale, Alberto Sasso, espressione della giunta pentastellata di Virginia Raggi, hanno dichiarato di voler realizzare nella parte centrale dell’area una zona ludico-sportiva. Il 24 settembre scorso il Consiglio comunale capitolino però, approvando un ordine del giorno promosso dal Fratelli d’Italia, ha impegnato la stessa sindaca e la giunta a destinare l’intera area a Parco attrezzato per la promozione di attività sportive all’aperto, mandando così in soffitta il progetto per realizzare in quello spazio palazzine. Il Campidoglio dunque decide una cosa e una società partecipata dallo stesso Campidoglio un’altra. Senza contare che i progetti di Eur spa per le aree Velodromo e Pacifico confliggono con le aspirazioni degli stessi cittadini rappresentati dal Consiglio di Quartiere Eur.
QUANTE ANOMALIE
Le stranezze sul destino dello spazio dove un tempo sorgeva la struttura disegnata da Cesare Ligini per le Olimpiadi del 1960, fatta saltare in aria il 24 luglio 2008 utilizzando 120 chili di tritolo, sono del resto numerose. La superficie utile lorda prevista dal Centro Acquatico e del Benessere del 2008 era infatti interamente destinata ad uso direzionale, in larga parte pubblico, mentre quella di 23mila metri quadrati prevista dal Piano di Edificazione di Eur spa del 2017 è incentrata quasi esclusivamente sulla edilizia residenziale privata. Un progetto che porterebbe nel quartiere centinaia di nuovi residenti, con tutti i problemi che conseguono in operazioni del genere, senza contare la crisi immobiliare che rischia di lasciare le nuove costruzioni deserte. Ancor di più alla luce della pesantissima crisi economica generata dall’emergenza coronavirus.
LA SENTENZA
A riaprire il dibattito e dunque a far rispolverare i piani sull’ex velodromo olimpico è stata l’eliminazione del vincolo sull’area da parte del Tar del Lazio. Una decisione che ha cancellato il paradosso di vedere protetto quello spazio quando dell’opera di Ligini non c’è più traccia, mentre nessuna protezione ha impedito l’abbattimento. La Soprintendenza aveva provato a salvare il velodromo nel 2007, avviando il procedimento per dichiararlo di interesse culturale, “a causa del suo riferimento con l’arte e la cultura del XX secolo oltre che un significativo esempio di architettura per lo Sport”. Ma invano. Dopo la demolizione era stata così dichiarata di interesse culturale “l’area di sedime”, ritenendo che fosse “ancora leggibile la configurazione dell’invaso della cavea” originario. Un paradosso appunto, cancellato dal Tribunale amministrativo, specificando che in un caso del genere si poteva al massimo valutare un vincolo paesaggistico essendo ormai la struttura demolita. Per i giudici, inoltre, la Soprintendenza, non avendo voluto procedere ad alcun riesame del proprio operato, avrebbe rivelato “l’assenza di un reale interesse pubblico all’imposizione di un regime vincolistico sull’area di sedime dell’ex Velodromo Olimpico”. Abbastanza per far riprendere corpo al progetto di Eur spa di realizzare in quell’area “un mix di residenziale, housing sociale, servizi e verde urbano”, con l’obiettivo di “ricucire quella ferita urbana destata dall’abbattimento della struttura sportiva finita effettivamente nel tempo in un irrimediabile stato di fatiscenza, degrado e pericolo, che ne ha determinato la demolizione”.
LA BATTAGLIA
I piani della società presieduta da Sasso non convincono i residenti nel quartiere. Per il Comitato sono ancora in vigore nella zona le linee guida avallate dal Ministero dei beni culturali e ad Eur spa, per far quadrare i bilanci, è stato proposto di alienare tre edifici scolastici, cedendoli agli enti locali competenti. Dalla scuola materna ed elementare di via dell’Elettronica, dal liceo classico Vivona di via della Fisica, e dall’istituto tecnico e dal liceo di via della Civiltà italiana è stato infatti stimato che si potrebbero ricavare 42,5 milioni di euro. Una somma notevole viste anche le difficoltà causate ad Eur spa dalle operazioni immobiliari relative alla Nuvola e all’Acquario. Nell’area del velodromo si potrebbe così realizzare soltanto un parco pubblico e nell’area Pacifico potrebbero essere costruiti una caserma dei vigili del fuoco, un asilo nido, un impianto per sport minori, parcheggi e aree verdi, come deciso dalla stessa assemblea capitolina. Ma a quanto pare le idee di Eur spa, seppure partecipata dallo stesso Campidoglio, sono altre e sono di investire sul mattone. Sull’ex velodromo, intervistato da Il Caffè, lo stesso Sasso ha detto che la società ha sviluppato un piano immobiliare con la funzione di preservare “il catino verde del velodromo come area da sviluppare successivamente con un progetto condiviso e pubblico”, che sul futuro di quell’area la spa sta coinvolgendo il Municipio IX e la Commissione urbanistica e che potrebbe nascere “un parco con servizi di ordine sportivo”, idea quest’ultima in cui è stato coinvolto lo stesso Coni. Ma su una cosa il presidente è stato categorico: “Oggi la discussione non può essere sull’andare avanti o meno con il progetto di edificazione, ma sul come realizzarlo”. Avanti dunque con un intervento da 23mila metri quadrati tra residenziale, commerciale, social housing e terziario. Magari con residenze cosiddette di autosufficienza per anziani, con servizi condivisi e spazi per il co-working. “Siamo una società pubblica – ha sottolineato Sasso – dobbiamo amministrare e creare valore per gli azionisti e per la collettività”. Posizione diversa da quella dell’assemblea capitolina decisa a destinare l’intero spazio dell’ex velodromo ad attività sportive. E viste tali diversità di vedute sembra che prima che possa essere realmente deciso il futuro della pregiata area trascorrerà altro tempo.