Presidente, qual è la situazione?
“Siamo davvero in un momento catastrofico, non c’è rilancio dei consumi, il commercio di vicinato e le botteghe hanno un grande concorrente che sono le piattaforme dell’online, che dall’inizio di pandemia ad oggi hanno incrementato del 40-45% i loro ricavi e questo è tutto il giro d’affari in meno per i nostri negozianti: oggi possiamo dire che un commerciante incassa massimo il 30% di quello che incassava nello stesso periodo del 2019”.
Lunedì 14 dicembre siete scesi in piazza, al Pantheon. “
Come Confesercenti abbiamo organizzato una manifestazione al Pantheon per fare delle richieste molto semplici: vogliamo riaprire, vogliamo lavorare, vogliamo avere la possibilità di rimanere in piedi. Dall’inizio della pandemia ad oggi si contano 5mila aziende chiuse su Roma e provincia con la perdita di 20-25mila posti di lavoro. Se andiamo avanti in questo modo si arriverà al 25-30% di aziende che chiuderanno e questo significa anche che allo Stato e agli Enti locali mancheranno introiti fiscali per il 25-30%. Si tratta di un dato molto forte perché significherà avere meno soldi per le infrastrutture, l’istruzione e la sanità”.
Quali richieste avete fatto alle istituzioni?
“Per prima cosa vogliamo che i pubblici esercizi riaprano la sera, non è possibile tenere i ristoranti chiusi tutto questo tempo, naturalmente mantenendo tutte le forme di sicurezza ma se noi siamo idonei a non contagiare i nostri clienti a pranzo perché non dovremmo esserlo a cena? Oppure i bar: perché non farli chiudere alle 21 almeno? Dalle 18,30 in poi è tutto morto, è inutile che il Governo poi preveda l’apertura di alcune attività commerciali fino alle 21 perché non gira più nessuno in città dopo che chiudono bar e ristoranti”.
Come commenta le affermazioni dell’Assessore D’Amato sul fatto che verrà mantenuta questa serrata almeno fino a marzo?
“L’uscita dell’assessore l’abbiamo già condannata: gli amministratori pubblici dovrebbero dare fiducia agli imprenditori e a chi vuole lavorare. Non si può dire, oggi, che saremo chiusi anche a marzo, è assurdo. In questo momento di grande difficoltà dobbiamo controllare anche quello che diciamo, c’è gente che sta chiudendo attività e chi chiuderà lo farà con dei debiti”.
Quali altre richieste avete fatto durante la manifestazione?
“Chiediamo una fiscalità di vantaggio: vorremmo un anno bianco durante il quale non si pagano le tasse e ci vorrebbe anche un condono di pace fiscale. E poi chiediamo che le piattaforme del web come Amazon paghino le tasse in Italia: sono mostri che hanno un giro di affari di miliardi e miliardi di euro, ma come noi abbiamo il dovere di pagare le tasse devono averlo anche loro altrimenti c’è una concorrenza sleale. L’altra richiesta riguarda la Cassa Integrazione in deroga: abbiamo dipendenti che ancora non prendono niente da giugno e sono senza reddito. Nella nostra società si sta creando una spaccatura molto pericolosa tra dipendente pubblico, che è ipergarantito, a casa in smart working, e quello privato che sta a casa senza lavoro perché le imprese non hanno possibilità di richiamarlo a lavorare. Anche le tasse locali vanno ridotte, non è possibile che un’impresa a Roma e nel Lazio paghi di tasse quasi il doppio ad esempio rispetto a Milano. Tra le questioni più delicate c’è anche la richiesta del blocco dell’iter procedurale di sfratto: sono pochi i proprietari immobiliari lungimiranti che stanno venendo incontro agli imprenditori che non possono pagare, la stragrande maggioranza ha iniziato procedure di sfratti che mettono in ginocchio chi ha investito centinaia di migliaia di euro in questi anni”.
Le vostre richieste stanno ricevendo delle risposte da Regione e Comune?
“Il dialogo con gli enti locali c’è. La regione ad esempio sta cercando di dare un contributo sul pagamento dell’Irap, mentre il comune ha bloccato alcuni pagamenti, come l’occupazione del suolo pubblico ma è ovvio che tutti questi aiuti devono essere prorogati per tutto il periodo della pandemia e anche oltre, perché la ripresa non ci sarà subito, sarà molto lenta”.
Che giudizio dà ai ristori e alle misure anti crisi?
“I ristori non sono stati dei veri ristori, sono misure micro in confronto a quello che è successo. Il vero ristoro è calcolare quanto perde un’attività in confronto all’anno passato e se perde il 70% dargli un ristoro del 70%. Invece oggi ci sono stati dei ristori minimi, insufficienti perfino per pagare le bollette delle utenze che ricordiamo, anche se uno oggi sta chiuso, devono essere pagate ugualmente, visto che le voci più importanti riguardano oneri fiscali e servizi”.
Un voto alla Giunta Raggi in questi 4 anni?
“La Raggi in questi anni ha avuto pochi confronti con associazioni di categoria, soprattutto sulle linee decisionali che riguardavano il nostro mondo. Oggi si sono aperti dei piccoli confronti, e naturalmente conta anche la campagna elettorale ma noi abbiamo bisogno di una città più appetibile, più vivibile dove al centro dell’attenzione vanno rimesse le imprese che a Roma sono circa 120mila se contiamo la provincia arriviamo a 500 mila circa”.