Si è chiusa con due colpi di scena la seduta esterna della Commissione Trasparenza che si è riunita il 19 novembre con lo scopo di visionare il prezioso manufatto romano e leggere tutti i documenti del caso per fugare ogni dubbio. La Commissione, giova ricordarlo, è composta dal presidente Marco Palumbo (Pd), la vicepresidente Monica Montella (Misto) e il vicepresidente Francesco Figliomeni (Fdi) che ha aperto l’inchiesta sul caso. La Soprintendenza Archeologica – rappresentata in Commissione dall’archeologo Rocco Bochicchio – ha preferito nascondersi dietro il classico ‘muro di gomma’.
BOCHICCHIO CAMBIA VERSIONE
Prima di tutto, Bochicchio si è rifiutato di consegnare ai membri della Commissione tutti i documenti del caso, nonostante in precedenza si fosse dichiarato disponibile a consegnare ogni carta in suo possesso. In secondo luogo, Bochicchio ha cambiato versione sulle modalità di conservazione del ponte romano. Il 18 settembre, in una precedente seduta della Commissione, aveva dichiarato che il reperto archeologico era stato interrato a scopo conservativo a circa 9 metri di profondità, proprio davanti la sede dell’Eni, e scavare per tirarlo fuori sarebbe stato improbabile. Il 19 novembre Bochicchio si è ‘rimangiato’ la tesi precedente, sostenendo che il ponte sarebbe conservato in presunti locali interrati, sempre sottostanti l’ingresso dell’Eni, ma inaccessibili, se non con autorizzazioni che avrebbero richiesto tempi biblici. Il nostro giornale ha chiesto all’Eni e al fondo di credito Silver Fir Capital, rispettivamente affittuario e proprietario dell’immobile, e al Ministero dei Beni Culturali di poter accedere nei locali sotterranei in cui sarebbe custodito il ponte. Attendiamo la risposta.
IL PONTE (ERA) NEL PARCO
Entrambe le tesi di Bochicchio contrastano con i documenti in possesso de il Caffè di Roma. Come infatti è scritto in un articolo scientifico del 2006 redatto da Anna Buccellato, ex dirigente della Soprintendenza delegata per il IX Municipio, ora in pensione, il ponte imperiale è stato rinvenuto e rinterrato nel vicino parco, sotto il Poggio del Castellaccio, che si trova a circa 300 metri in linea d’aria dalla sede Eni. Nel 2016 la Buccellato ha anche richiesto l’istituzione di un vincolo ministeriale per il parco, subito concesso dal Ministero dei Beni Culturali. L’articolo scientifico della Buccellato, con tanto di mappa, è stato poi inserito dall’archeologo Filippo Ascani nel volume didattico universitario ‘Geologica romana, volume XLI, anno 2008’ utilizzato all’università Sapienza. Nel 2016, il parco è stato tutelato anche con un ulteriore un vincolo archeologico ‘puntuale’ – così si chiama in gergo tecnico – inserito nel Piano Territoriale Paesistico Regionale del Lazio, poi ‘svanito’ nel nulla nel 2020. Nel 2018, nel parco hanno avuto luogo enormi lavori di innalzamento dell’argine del fosso dell’Acquacetosa senza i quali il palazzo dell’Eni non avrebbe potuto essere dichiarato agibile e quindi affittato, con il via libera della Soprintendenza che nelle carte autorizzative del cantiere conferma l’esistenza di un ponte (quello reinterrato nel 2006) e di un vincolo. I quesiti sorgono spontanei: il ponte imperiale è forse finito in discarica nel corso del cantiere? La cortina fumogena delle Istituzioni serve solo a nascondere questa incredibile verità?
C’è un solo modo per scoprirlo: la soprintendenza mostri finalmente alla Commissione del Campidoglio il ponte che cerchiamo da 6 mesi.
COMMISSIONE: “AVANTI FINO A CHE SARÀ FATTA PIENA LUCE”
“La commissione Trasparenza – ha dichiarato ai margine della seduta esterna il presidente della Commissione Trasparenza, Marco Palumbo – ha da tempo acceso un faro sulla storia del ponte imperiale ed è determinata a fare assoluta chiarezza su tutti i punti oscuri di questa vicenda. Finora abbiamo dedicato una seduta e un sopralluogo all’approfondimento di questa storia e parallelamente proseguiamo con la richiesta ai vari uffici e la raccolta di tutti i documenti necessari a fare luce sugli aspetti che ancora sono avvolti da opacità e scarsa trasparenza”. “Tra le tantissime ombre che ancora ci sono su questa vicenda non chiara – gli ha fatto eco il vicepresidente Francesco Figliomeni – siamo riusciti a far ammettere alla Soprintendenza delle gravi contraddizioni presenti nella documentazione con pubblicazioni a firma di professori universitari e funzionari pubblici di tenore diverso da quanto poi copiato nel vincolo dagli stessi funzionari. Ma sono ancora molti i lati oscuri di questa vicenda. Come Fratelli d’Italia andremo comunque avanti, finché la verità non salterà fuori”.