La Pineta Sacchetti è in pericolo. A minacciarne il futuro è un piccolo insetto, lungo massimo 4,5 millimetri, proveniente dal Nord America e approdato in Italia nel 2014. La Toumeyella parvicornis – questo il nome scientifico del parassita, più comunemente noto come cocciniglia tartaruga – aggredisce i pini, sottraendo loro la linfa e riducendone la capacità fotosintetica. A subirne le catastrofiche conseguenze non è solo il Parco del Pineto, ma anche tutte quelle aree verdi di Roma sulle quali cresce il pino domestico, pianta simbolo della città, oggi a rischio decesso.
L’ADOZIONE DA PARTE DEI VOLONTARI E LA RACCOLTA FONDI – Quanto pericoloso sia questo piccolo parassita lo sa bene il comitato Volontari Decoro Tredicesimo che ha recentemente ottenuto l’adozione della Pineta Sacchetti da parte dell’Ufficio Adozioni Aree Verdi del Comune di Roma. “Questo significa che noi coadiuveremo il Servizio Giardini e il Comune in operazioni quali la pulizia, la cura, lo sfalcio dell’erba e la segnalazione di situazione di illegalità”, ha spiegato Franco Quaranta, uno dei volontari più attivi del comitato. In quest’ottica, i volontari hanno attivato una raccolta fondi – a cui si può aderire con le modalità indicate nella pagina Facebook del comitato – dalla duplice destinazione: da una parte l’affitto di un trattore adatto allo sfalcio della Pineta, dall’altra l’acquisto di cure per gli alberi.
I PRIMI INTERVENTI PER SALVARE LA PINETA – Sì, perché nell’attesa (e nella speranza) che il Dipartimento Ambiente intervenga in maniera massiccia per salvare i pini, qualcosa che si può fare c’è. “Stiamo utilizzando una mistura di acqua, alcol propilico e sapone di Marsiglia con la quale ci dedichiamo al lavaggio delle chiome degli alberi. È infatti fondamentale rimuovere le fumaggini, funghi saprofiti che proliferano sulla melata prodotta dalla cocciniglia. Vanno poi fatte delle iniezioni nel tronco con un formulato commerciale a base di Abamectina, Emamectina benzoato e Acetamiprid, in modo tale che questo composto venga portato velocemente in chioma”, spiega Franco Quaranta. Se questa terapia era già utilizzabile e utilizzata – con successo – dai privati, per intervenire nelle aree pubbliche c’era bisogno del via libera all’uso eccezionale di questo formulato da parte del Servizio Fitosanitario. Fortunatamente, lo scorso 10 novembre il SFR Lazio ha rilasciato il proprio parere positivo.
IL PROBLEMA ECONOMICO – Tutto risolto, quindi? Non esattamente. “Il problema che si pone è quello economico. Le cure costano indicativamente 100 euro ad albero e la sola Pineta Sacchetti conta circa 400 pini. Si tratta di una cifra importante, che non possiamo certo sborsare noi. Noi ci occuperemo della cura per i 20 pini più piccoli che abbiamo piantato in passato”, hanno promesso i volontari del comitato. Il problema è, quindi, assai più importante e non limitato al solo Parco del Pineto. È stimato che il Comune di Roma conti, nelle sue proprietà, circa 75mila pini, con costi di terapia insostenibili per le casse pubbliche. Ma che rischiano di essere quadruplicati qualora non si giungesse ad una soluzione. “Abbattere e smaltire correttamente un pino malato costa circa tre / quattro volte più del curarlo”, spiega Franco Quaranta. La speranza? Che mentre si cerchi di arginare la situazione, la natura faccia il suo corso e un antagonista naturale – possibilmente non di importazione – permetta la sopravvivenza dei nostri amati pini. Francesca Ferrandi