“Guardi, Il nuovo Dpcm ci ha condannati e ha condannato Roma a morte: non colpisce solo bar e ristoranti, nella Capitale d’Italia e nel suo territorio provinciale, ma la chiusura colpisce l’intera filiera dell’agroalimentare: i coltivatori, i lavoratori del settore della logistica e della distribuzione. Si stima peraltro una perdita di quasi novecento milioni di euro di fatturato, con possibilità di ricadute negative anche in termini occupazionali, di posti di lavoro. Se la situazione attuale rimanesse invariata, entro la fine dell’anno solo su Roma e sua provincia sarebbero a rischio chiusura la bellezza di circa 5mila aziende. E circa 20mila dipendenti rischierebbero di rimanere senza un lavoro. E sono stime calcolate sulla scadenza attuale del Dpcm, ovvero il 24 novembre prossimo: se le misure restassero in vigore ancora più a lungo, i numeri aumenterebbero ancora di più. Sarebbe una catastrofe”.
A proposito della Capitale d’Italia, non c’è solamente un aspetto di fatturato economico, ma il Dpcm – per quanto necessario – inoltre potrebbe avere effetti negativi anche in termini sociali. È d’accordo?
“Ribadisco e amplio quanto detto poc’anzi. È sotto gli occhi di tutti che senza ristorazione muore la città di Roma. Con il coprifuoco, dopo le ore 18, infatti la Capitale si spegne, senza luci, senza certezze e senza speranze”.
Alla luce di tutto questo, qualche giorno fa è iniziata la vostra protesta, culminata con una conferenza stampa in cui avete ricostruito un quadro economico e sociale disarmante. Un quadro disarmante per la capitale d’Italia ma anche per tutto il territorio regionale.
“Guardi, tra ristoranti, pub e bar arriviamo a quasi 35mila imprese tra Roma e Lazio con circa 200mila addetti che ora sono in ginocchio. Dopo mille prescrizioni, raggiungendo un livello di sicurezza elevato per i clienti, con i gestori che si sono fatti in quattro per rispettare giustamente tutte le regole di igiene e distanziamento sociale, adesso è arrivata la docciafredda della chiusura: tutto questo ci sembra una grandissima contraddizione. Auspichiamo che il governo nazionale, la Regione Lazio e il Comune di Roma si rendano conto della situazione drammatica che stiamo vivendo e agiscano con provvedimenti che diano respiro alla nostra categoria”.
Presidente Pica, cosa proponete come associazione per aiutare imprese di ristorazione e turismo?
“In questi giorni abbiamo segnalato la grande sofferenza della ristorazione e del turismo a Roma e nel Lazio, evidenziando che gli esercenti non sono gli “untori” ma rappresentano un tessuto produttivo che crea ricchezza nel paese e nella Capitale d’Italia. Due comparti, ristoratori e operatori turistici, che dal mese di marzo hanno perso cifre da capogiro e lasciato a casa lavoratori. Che fare? Innanzitutto servono risorse, perché quelle messe in campo con il “Dl ristori” non basteranno. Il fondo perduto al doppio per ristoratori e al 1,5 per i bar rispetto a quello erogato nella prima fase è una misura che ci soddisfa, ma solo nella misura in cui venga davvero erogato entro il 15 di novembre prossimo. E comunque bisogna che il governo pianifichi ulteriori interventi di sostegno e aiuti alle piccole e medie imprese, relativi anche all’anno 2021”.
Insomma pretendete che lo Stato faccia lo stato e abbia un ruolo più ficcante in questo delicato momento?
“Chiediamo che lo Stato faccia da collettore tra gli istituti bancari e le aziende sia per dare certezza sui tempi che per le procedure di erogazione dei finanziamenti che dovranno essere scadenzati in 10-15 anni; sarebbe virtuoso, inoltre, se lo stato creasse delle norme che possano penalizzare quell’imprenditore che utilizza i fondi per arricchirsi personalmente invece di pagare i debiti societari. Inoltre, intervenire anche sugli affitti immaginando un’imposta sostitutiva al 5-10% per l’edilizia commerciale, come accade per l’edilizia residenziale”.
E al presidente Nicola Zingaretti e alla sindaca Virginia Raggi cosa chiedete, invece, nello specifico?
“Per quanto riguarda la Regione Lazio proponiamo l’abolizione dell’Irap per tre anni o almeno la riduzione del 50%. Mentre per quanto concerne il Campidoglio, ribadiamo la richiesta di sospensione della zona a traffico limitato (Ztl) o al massimo l’apertura della zona a traffico limitato a partire dalle ore 12. Queste le proposte della Fiepet-Confesercenti per aiutare le imprese romane e del centro storico, altrimenti se la Capitale d’Italia andrà in default le conseguenze saranno negative per tutti”.