IL FLASH MOB
Le misure di sicurezza, hanno denunciato i dipendenti sia del tribunale civile che penale, sono scarse e inadeguate: mascherine in esaurimento, i controlli con i termoscanner non presenti in tutti gli ingressi, distanziamenti in udienza non sempre rispettati e possibili. Bocciati anche gli applicativi utilizzati per celebrare le udienze a distanza, con reti di connessione inefficaci e protocolli per la gestione confusi. Inadeguata anche, a sentire la denuncia di cancellieri e assistenti giudiziari, la sanificazione e le dotazioni per un efficiente smart working. ”Bisogna mettere tanta buona volontà da parte di tutti – spiega Mariacristina Marcone, rappresentante della sicurezza dei lavoratori del tribunale -, ci preoccupa una mancata igienizzazione, dovrebbe essere più allargata e profonda. Noi del personale della giustizia, poi, chiediamo le stesse tutele degli altri dipendenti della PA o che ci venga riconosciuta una differenziazione per gli atti essenziali e indifferibili a cui dobbiamo dare conto. Siamo al momento gli unici nella PA a non lavorare in smart working”.
AVVOCATURA AL COLLASSO
Tra le categorie più in difficoltà l’avvocatura. ”La classe forense – ha dichiarato l’avvocato Alessandro Cassiani, decano dei penalisti, per trent’anni consigliere dell’Ordine e più volte presidente dell’Ordine degli avvocati – è stata messa letteralmente in ginocchio dalla mancanza di lavoro e dalla incombente necessità, di provvedere al pagamento delle tasse e delle spese correnti. Per mesi i Consigli dell’ordine e e Associazioni Forensi – aggiunge Cassiani – hanno reagito chiedendo, senza successo, la ripresa dell’attività giudiziaria sia pure nel rispetto delle precauzioni previste dai decreti della Presidenza del Consiglio. Attualmente, la situazione si sta normalizzando anche se resta vivo il timore che un aumento della epidemia possa indurre qualcuno a chiudere nuovamente i battenti, rendendo in tal modo il disastro irreversibile. Come cittadino, come avvocato e come ex rappresentante dell’Avvocatura Romana – aggiunge Cassiani – ho lanciato quotidianamente appelli affinché l’attività giudiziaria riprendesse alla stregua di tutte le altre, sia pure nel rispetto di tutte le necessarie e possibili precauzioni, mascherine, sanificazione delle aule e delle mani, processi a porte chiuse, eventuali pannelli divisori. Devo riconoscere che la mia si è rivelata come la classic ‘vox clamantis in deserto’”.
“In questo momento – dichiara a sua volta l’avvocato Vincenzo Comi, vicepresidente della Camera penale di Roma – dobbiamo essere realisti e agire col senso della responsabilità. In ogni caso non può essere in alcun modo pregiudicato l’esercizio del diritto di difesa di chi è coinvolto in un processo a Roma. Per compensare serve una tecnologia avanzata. Serve che si risponda al centralino, che ci siano risposte immediate, anche alle mail. Se ci fosse questo non ci sarebbe pregiudizio considerato il momento”.