STANDARD FUORILEGGE
L’appezzamento di terreno su cui dovrebbe sorgere il parco era di proprietà di Parsitalia, storica società del Gruppo Parnasi su cui incombe il rischio di fallimento, ma poi ceduto al Campidoglio in virtù di una autorizzazione urbanistica che ha concesso al costruttore il diritto di trasformare quell’area nel grosso complesso immobiliare che oggi tutti conosciamo. In sostanza, il parco costituisce quello che che in gergo tecnico si chiama ‘standard urbanistico’. Esiste difatti per legge un rapporto tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi riservati alle attività collettive, qual è il verde pubblico attrezzato, che non può essere violato.
ALTISSIMO RISCHIO DI ALLAGAMENTO
Sul parco incombono vari problemi. Primo: il grave rischio di allagamento, visto che l’intera zona è classificata come R4, così si usa dire in gergo tecnico: significa che su di essa incombe il massimo rischio di alluvione previsto dalla legge, su una scala che va da R1 a R4. La vallata non è mai stata declassata, ma solo “mitigata” due anni fa, perché altrimenti le palazzine in cui ha sede l’Eni non avrebbero potuto essere collaudatate. In sostanza, sul parco continua a pendere il rischio di alluvione.
PARCO SENZA INGRESSI
Secondo problema: il parco avrebbe dovuto essere collegato al quartiere da almeno 6 ingressi: uno su via di Decima grazie a un ponte che è stato distrutto di recente e mai ricostruito; uno su via Paride Stefanini, nei pressi di una scuola pubblica realizzata solo parzialmente e mai messa in funzione, con l’accesso sbarrato; due sulla vicina pista-ciclabile, ma i collegamenti sono interrotti; due da una strada poderale, grazie ad un cancello e ad una passarella di legno, entrambi bloccati. Terzo problema: nel bel mezzo del parco, proprio accanto all’area giochi, è ancora presente la baracca di cantiere, completamente abbandonata, attorno a cui è stato abbandonato materiale di scarto edile, un ricettacolo di sporcizia e siringhe.
LA LISTA DEI ‘MISTERI’ SI ALLUNGA
Prima il ponte imperiale di Marco Aurelio del 177 d.C. ‘scomparso’ insieme ad una grossa stele di travertino. Poi il museo del Poggio di Castellaccio – un immobile da 5mila metri quadrati, l’equivalente di un campo da calcio di serie A – destinato ad ospitare proprio i reperti archeologici rinvenuti in quella zona (tra cui il ponte imperiale e la grossa stele di travertino!) nel corso della campagna edificatoria di Parnasi ma ‘dimenticato’. Poi la scuola di via Paride Stefanini costruita, ma solo parzialmente e mai avviata. Poi il parcheggio da 500 posti auto, all’incrocio tra via dell’Oceano Pacifico e via Cristoforo Colombo, mai costruito. Ora il verde pubblico inutilizzabile. Speriamo che, presto o tardi, qualcuno abbia voglia di fare chiarezza!
LA VALLE DEI 5 PONTI ‘SCOMPARSI’: INDAGA LA COMMISSIONE TRASPARENZA
Nel Parco dell’Eur-Castellaccio, ancora non aperto al pubblico, si trovavano 4 ponti che sono stati distrutti e gettati in discarica nell’ambito del progetto Europarco per la ‘mitigazione’ idrogeologica dell’intera area su cui incombe un alto rischio di allagamento, come ricostruito da il Caffè negli ultimi tre mesi. Due ponti (di epoca recente) di cemento, uno di epoca incerta (probabilmente medievale) e uno del periodo mussoliniano. All’appello però manca anche un ultimo ponte, quello più importante, costruito dall’imperatore Marco Aurelio e da Commodo nel 177 d.C. che risulta ‘scomparso’. Secondo la Soprintendenza di Roma si troverebbe interrato proprio davanti l’ingresso della nuova sede Eni. Dove e quando il ponte imperiale e la grossa stele di travertino sono stati rinvenuti di preciso? Dove e quando il ponte imperiale sarebbe stato rinterrato di preciso? Quali documenti attestano il ritrovamento e il rinterramento a scopo conservativo? La Soprintendenza Archeologica di Roma non ha ancora risposto a tali semplici domande e mostrato tutti i documenti del caso. Presto la Commissione Trasparenza di Roma si recherà sul piazzale antistante l’ingresso Eni per tutte le verifiche del caso. Il Caffè di Roma sarà presente.
Giuseppe Vatinno