«Un Piano regionale di gestione dei rifiuti che nasce già obsoleto e contraddittorio nei fatti». È la dura sentenza del Movimento Legge Rifiuti Zero per l’economia circolare. Gli attivisti che da anni si battono per una sana e previdente gestione dell’immondizia, hanno analizzato la “nuova” strategia approvata dal Consiglio regionale il 5 agosto. L’analisi arriva nei giorni in cui intere popolazioni sono state ammorbate da diossine e altri veleni sprigionati da impianti di rifiuti andati a fuoco: lo stabilimento Loas Italia, che dal 9 agosto ha intossicato l’area tra Latina e Roma sud per giorni e giorni con una impressionante nube tossica, e il rogo del sito di pneumatici usati ad Ardea nella notte del 19 agosto. Rifiuti Zero è la stessa strategia sposata inizialmente dalla Sindaca di Roma per dire addio a discariche e inceneritori. Ma solo sulla carta.
ECONOMIA CIRCOLARE… PER FINTA
Tornando al parlamentino regionale, gli attivisti contestano nel merito il “nuovo” Piano, che declama nobili intenzioni e solenni princìpi. Dichiarazioni smontate dal movimento: «Si dichiara di prendere ispirazione dal nuovo paradigma dell’economia circolare che valorizzi il riciclo ed il recupero di materiali differenziati, escludendo il ricorso a nuovi impianti di incenerimento, poi di fatto fa il contrario!». Ecco i punti critici contestati: per raggiungere il dichiarato obiettivo del 70% di raccolta differenziata nel Lazio nei prossimi 6 anni, «sono stanziati appena 57 milioni di euro, a fronte di centinaia di milioni di euro stanziati per l’inutile “compound” (il mega-impianto di trattamento) previsto a Colleferro per il recupero “di scarti indifferenziati dai TMB del Lazio” in improbabili materie prime-secondarie… o meglio “rifiuti speciali” senza alcun valore di mercato».
I TMB sono gli impianti di trattamento meccanico cosiddetto “biologico”. In soldoni, fabbriche che lavorano grazie al porta a porta che non decolla, soprattutto a Roma: sminuzzano i materiali indifferenziati per farne balle da bruciare negli inceneritori e cementifici. Il Piano prevede la discarica per una quota di rifiuti urbani tra il 35,3 e il 39,9 percento. Zingaretti & co. – bacchettano i cittadini – in teoria dicono di seguire la Direttiva europea 850/2018, che però impone di smaltire in discarica entro il 2035 massimo il 10% dei rifiuti urbani.
ORGANICO, NODO AGGIRATO
Anche sull’organico (scarti di cucina, sfalci, potature ecc.), il movimento rileva una «altra enorme omissione rispetto alle norme vigenti». Questa parte dei rifiuti urbani costituisce il 39,4% di tutta la raccolta differenziata della regione Lazio per un totale di 532.591,6 tonnellate in un anno. Le previsioni del “nuovo” Piano non superano la carenza di impianti. «Negli impianti del Lazio quelli trattati nel 2018 sono stati circa 230.000 tonnellate: se ne deduce un fabbisogno impiantistico attuale di circa 300.000 tonnellate l’anno, totalmente assente nella programmazione impiantistica e nel relativo stanziamento fondi».
Il punto cruciale rimane Roma Capitale, che produce circa il 60% dei rifiuti dell’intero Lazio e che dovrà – almeno nelle previsioni – raggiungere una “gestione autosufficiente del trattamento e dello smaltimento finale”. «Riteniamo che il principio sia ovviamente sacrosanto. Ma questo comporterà la necessità di ripensare del tutto il ciclo dei rifiuti a Roma, basato sull’esportazione quasi totale del trattamento in impianti in tutta Italia». Così scrivono i cittadini che chiedono «una previsione urgentissima» di 10 impianti aerobici per trasformare l’umido differenziato in compost (terriccio), ciascuno da 30mila tonnellate l’anno. 8 li vorrebbero sul suolo romano.
LA RIVOLUZIONE IMPOSSIBILE?
Il Movimento Legge Rifiuti Zero critica anche la «visione superata di una gestione accentrata nei confini geografici». La vera svolta può arrivare se […] nell’Ambito territoriale di gestione di Roma Capitale e nei 4 Ambiti provinciali faranno gestire i rifiuti anche ad appositi “Bacini Territoriali Ottimali” entro i 200-250.000 abitanti «limitando le capacità impiantistiche e le distanze chilometriche per il conferimento dei materiali differenziati o da smaltire raccolti nelle città». Questo per evitare altri mega-impianti e far sì che i rifiuti siano trattati vicino a dove sono prodotti, come prevede la legge. Ma invece il Piano zingarettiano «punta soprattutto al ritrattamento degli scarti di rifiuti indifferenziati» dei TMB. Cioè di quegli stabilimenti funzionali agli inceneritori. Nel Lazio c’è ancora in funzione quello ciociaro a San Vittore, targato Acea. Cosa che condiziona tutto. Ci hanno spesso un mucchio di soldi e non ci pensano affatto a spegnerlo rinunciando ai flussi di cassa che produce. Il Campidoglio, presunto controllore pubblico, è allineato. Tra le misure da adottare con urgenza, ribadisce l’analisi dei Legge Rifiuti Zero, la raccolta porta a porta in tutta Roma. Mentre l’Ama ha annunciato che rimetterò i cassonetti in diverse zone…
RIFIUTI ZERO O PROPAGANDA?
Infine, sottolinea Piras,nel “nuovo” Piano «viene citata a sproposito la “Strategia Rifiuti Zero” che da sempre di fatto esclude in linea di principio il “recupero di energia” dai propri obiettivi, essendo mirata di fatto al solo “recupero di materia” delle frazioni organiche attraverso il compostaggio aerobico ed il riciclaggio meccanico delle frazioni inorganiche». Cioè: Rifiuti Zero non prevede inceneritori (truffaldinamente chiamati termovalorizzatori, tanto cari ai partiti politici). Né tantomeno “bio”gas anaerobici. Impianti che non ricevono solo organico, ma roba che Dio solo sa. Persino ceneri e scorie di caldaie e inceneritori, fanghi di depuratori industriali e civili, solventi e vernici. Questo si legge in vari progetti presentati a Roma e provincia, tipo quello gigantesco che Cerroni voleva realizzare a Roma sud, confine con Pomezia. Il “bio”gas più grande d’Europa, da 240mila tonnellate l’anno, nel totale silenzio del Campidoglio e dintorni.