L’acqua del Tevere arriverà nei rubinetti di Roma e provincia (ivi compresi tutti i comuni dei Castelli Romani, più Ardea e Pomezia) solo dopo le elezioni amministrative che riguarderanno molti comuni della Città Metropolitana di Roma (tra i quali Albano, Ariccia, Genzano, Rocca di Papa, etc) il prossimo 20/21 settembre e poi, in ultimo, la Capitale a maggio 2021. Regione Lazio e Comune di Roma hanno fatto slittare al prossimo 28 settembre la Conferenza dei servizi, ossia il tavolo istituzionale che avrà il compito di decidere se concedere o meno all’Acea il permesso di avviare il suo discusso ‘potabilizzatore’ e utilizzare l’acqua del Tevere per fini potabili, come bacino di riserva idrica, al posto di quella che fino all’estate 2017 veniva prelevata dal lago di Bracciano. Un rinvio legato a ragioni di mera ‘opportunità politica’. L’impianto infatti sarà probabilmente utilizzato nei momenti di bisogno dovuti alla siccità: difficile quindi che entrerà in funzione prima delle elezioni che si svolgeranno il prossimo autunno e, poi, nella primavera 2021. Un iter molto rallentato che contrasta coi tempi record che Campidoglio e Pisana hanno impiegato per autorizzarlo, costruirlo e inaugurarlo: soli 12 mesi, tra dicembre 2017 e dicembre 2018 (per progetti del genere le istituzioni di solito procedono a passo di lumaca). Poi, dopo le inchieste de il Caffè di Roma, gli enti hanno improvvisamente tirato il freno a mano. Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire bene e insieme la situazione.
INAUGURAZIONE A… PORTE CHIUSE
Parliamo dell’impianto industriale situato a Roma-Nord, località Grottarossa, su un’ansa del Tevere, che avrà il compito di succhiare dal fiume 500 litri di acqua al secondo per poi inviarla nei rubinetti di Roma e dei 111 comuni della provincia, ivi compresi tutti quelli dei Castelli Romani, Ardea e Pomezia. Il ‘potabilizzatore’ Acea è stato fortemente voluto dal Campidoglio a trazione grillina e ottenuto grazie ai due “sì” del Comune di Roma pronunciati prima nella Conferenza dei sindaci del bacino Acea-Ato2 (Roma e provincia) a dicembre 2017 e poi nel corso nel tavolo regionale di aprile 2018, quest’ultimo emesso all’unisono con la Regione Lazio. La struttura industriale è stata costruita nella seconda metà del 2018, è costata 13 milioni di euro ed è stata inaugurata, ma a porte chiuse, quindi senza cittadini e stampa, alla presenza solo della sindaca Virginia Raggi e di un ristretto manipolo di tecnici Acea e politici capitolini il 12 dicembre 2018.
COME GARANTIRE LA SALUTE DEI CITTADINI?
Da allora sono seguiti 19 mesi di silenzi. Tale lungo stop appare del tutto inspiegabile, a maggior ragione visto che nei primi 12 mesi Regione e Comune avevano superato i due più grossi problemi che ostacolavano l’avvio del ‘potabilizzatore’ Acea e l’immissione dell’acqua del Tevere in conduttura, uno tecnico ed uno legale. Il primo squisitamente tecnico: il Tevere è uno dei fiumi più inquinati d’Europa, pieno di idrocarburi, pesticidi, insetticidi, microplastiche, tensioattivi e metalli pesanti, ossia elementi chimici molto pericolosi per salute e ambiente e non esiste filtro industriale in grado di eliminarli completamente. Come garantire la salute dei cittadini? Acea non ha mai risposto a questa domanda, rifiutandosi nel 2019, per due volte, di presentarsi davanti al garante idrico regionale, l’avvocata Paola Parisi, per rispondere.
POSTILLA ALLA AZZECCAGARBUGLI SDOGANA IL POTABILIZZATORE
Il secondo problema è strettamente legale: poco prima di Natale 2018, la Commissione regionale Agricoltura e Ambiente, presieduta dal pentastellato Valerio Novelli, ha varato una piccola ma importantissima modifica al Piano di Tutela delle Acque, la legge regionale che disciplina l’intero settore idrico. Fino a quel momento, nella nostra Regione l’acqua dei fiumi in cui finivano anche reflui industriali, come quella del Tevere, non poteva essere riutilizzata a fini potabili. La Commissione ha introdotto una postilla che ora permette di farlo. Contro tale postilla pende però un ricorso al Tar del Lazio presentato dalla Città Metropolitana di Roma a inizio 2019.
L’ACQUA DEL TEVERE ‘ALLUNGATA’ CON QUELLA BUONA
Ma tornando alle ultime novità: il 28 settembre arriverà probabilmente l’ultimo e decisivo via libera da parte degli enti al ‘potabilizzatore’ Acea, ma l’acqua del Tevere non verrà subito spedita in conduttura, ma verrà avviata prima “una start up preventiva (ossia un periodo di prova, ndr), prettamente sperimentale e di congrua durata, antecedente l’immissione nelle tubazioni dell’acqua del Tevere”: così si legge nei documenti Acea. “In questa fase – continua Acea – si valuteranno anche le condizioni di miscelazione tra le acque del Peschiera (la sorgente idrica che rifornisce Roma del 90% dell’acqua che la disseta, ndr) e quelle del Tevere”: in sostanza Acea promette di ‘allungare’ l’acqua del Tevere con quella buona proveniente da fonti sorgive di qualità per abbassare la concentrazione di inquinanti. Inoltre, Acea assicura che cercherà di ridurre al minimo il rischio di “precipitazioni repentine di carbonato di calcio nelle tubazioni”, ossia che nei rubinetti di Roma e provincia non finiscano, oltre agli inquinanti presenti nel Tevere, anche i residui dei filtri utilizzati per ripulire l’acqua.
ACEA SI BUTTA AVANTI PER… NON CADERE INDIETRO
Dulcis in fundo, Acea specifica che il suo ‘potabilizzatore’ funzionerà solo per livelli “ordinari” di inquinamento – così scrive sulle carte – e si dichiara non responsabile per eventuali presenze eccessive di inquinanti nei casi di “sversamento o rilascio accidentale, casuale o doloso” che dovessero verificarsi nel fiume. Anche perché – sottolineano gli ingegneri di Acea – “non si può escludere che nel fiume, per effetto di una combinazione tra idrodinamica, processi chimico-fisici e sedimentazione, si instaurino condizioni del tutto anomale (…) si verifichino concentrazioni significative di metalli e inquinanti anche ben oltre la soglia di potabilità”.
SUL TEVERE 26 GRANDI INDUSTRIE
Del resto, sulle sponde del Tevere, lungo oltre 400 km, si trovano e scaricano una infinità di depuratori civili e industriali, aziende del settore agricolo e zootecnico, ma soprattutto 26 grandi industrie classificate dalla legge come aziende RIR, ossia a Rischio di Incidente Rilevante, tra le quali figurano alcune del settore militari di “produzione e stoccaggio di esplosivo”, del settore siderurgico e metallurgico (cromatura, zincatura, verniciatura, etc.), chimico, farmaceutico, di produzione e stoccaggio di gas, distillerie e industrie alimentari, di produzione di pesticidi, funghicidi, erbicidi, etc. Un rischio di incidente rilevante finito anche sulla scrivania di Sergio Costa, il Ministro dell’Ambiente in quota grillina. Del resto – scrive Acea – si tratta di una “pluralità di soggetti per gruppi di interesse senza alcun dialogo reciproco”. Entro il 22 settembre tutti gli enti invitati al tavolo istituzionale dovranno esprimere un loro parere positivo o negativo a tale proposta.
CITTADINI IN PRESSING SU ACEA
Sul caso del ‘potabilizzatore’ Acea del fiume Tevere il Coordinamento Romano dell’Acqua Pubblica «chiede trasparenza. Abbiamo inviato una richiesta di accesso ai dati che certifichino l’idoneità al consumo umano delle acque del “biondo” Tevere. E chiesto inoltre di partecipare al tavolo istituzionale che si svolgerà il prossimo 28 settembre in Regione Lazio-Dipartimento Risorse Idriche e che dovrà decidere se far partire o meno il ‘potabilizzatore’ Acea. Infine rischiesto anche che tale tavolo sia aperto anche a cittadini e stampa”. Una domanda, la solita – aggiungono i cittadini – va rivolta in chiare note ad Acea e alla Giunta Raggi: piuttosto che spendere decine di milioni per realizzare potabilizzatori delle acque di uno dei fiumi più inquinati d’ Europa, perché non investire nel risanamento della rete idrica ‘colabrodo’, recuperando così altrettanti metri cubi di acqua di sorgente attualmente sprecata?”. Per ogni abitante, le reti Acea Ato2 portano nelle condotte 253 litri. Ma ne arrivano ai rubinetti degli utenti solo 134 pro capite. Il resto si perde per strada. Lo certificano i dati ufficiali più aggiornati dell’ultimo Censimento Istat 2017. Nelle case, cioè, arrivano meno litri di quelli previsti dalla normativa nazionale