Nella Capitale, l’impressione è che la Giunta Raggi abbia intenzione di sfilarsi dal progetto del nuovo stadio della Roma, ma senza passare per l’aula Giulio Cesare. Ma andiamo per gradi e cerchiamo di capire insieme la situazione. L’ultimo e decisivo “sì” che l’aula Giulio Cesare è chiamata a pronunciare prima di decidere se realizzare o meno la nuova arena calcistica giallorossa continua a slittare senza che i cittadini siano informati di quanto stia accadendo. Il voto decisivo era atteso entro la scorsa primavera, così avevano preannunciato tutte le testate sportive della città eterna, ma è stato rinviato di nuovo e per di più a tempo indeterminato. Il Covid-19 però non c’entra nulla, i problemi sono altri.
IL NODO POLITICO
Prima di tutto politici, visto che la maggioranza M5S in Campidoglio è lacerata da guerre interne tra favorevoli e contrari. La sintesi tra le diverse anime grilline appare ancora molto lontana, nonostante siano trascorsi ormai oltre 3 anni dalla famosa riduzione volumetrica delle cubature imposte nella primavera del 2017 dalla Giunta Raggi al progetto iniziale classe 2014, varato sotto la guida dell’ex primo cittadino, Ignazio Marino. Inoltre, dopo la campagna elettorale romana del 2016 combattuta dai grillini sull’onda del “no assoluto” al progetto di Tor di Valle, un’area naturale di pregio su cui insistono diversi vincoli, sarebbe difficile per i pentastellati ripresentarsi ai propri elettori alle prossime elezioni, ormai dietro l’angolo, sostenendo la tesi esattamente opposta. L’impressione, insomma, è che il Campidoglio voglia rinunciare al progetto, sia per non rischiare che il gruppo pentastellato finisca per spaccarsi all’interno del Comune di Roma, ma anche in Regione dove le tensioni sono, se possibile, ancora più accese che in Campidoglio, sia per dribblare il rischio di un pesante pegno elettorale coi propri elettori. Un gesto, quello del voto in aula, che rischierebbe infine di creare una pesante spaccatura tra il M5s di Roma e l’establishment bancario della Capitale, che da anni sta cercando di approvare il progetto del nuovo stadio, se non altro per saldare certi vecchi debiti pari a circa 250 milioni di euro.
2 LUGLIO: PROCESSO PENALE
In secondo luogo, poi, ci sono i problemi giudiziari. Il processone penale sull’affaire stadio è dietro l’angolo e riprenderà il prossimo 2 luglio. Alla sbarra è finito Luca Parnasi, il potente imprenditore immobiliare che ha proposto il progetto, ma anche Marcello De Vito, il presidente del Consiglio comunale di Roma grillino, co-imputato insieme ad altre 15 persone, tra politici regionali e tecnici. Questo processo rischia di trasformarsi in uno show mediatico visto che i magistrati che sostengono l’accusa hanno già chiamato a testimoniare, tra gli altri: Alfonso Bonafede, Ministro della Giustizia, Virginia Raggi, prima cittadina, Paolo Berdini, ex assessore all’Urbanistica della Giunta grillina, Franco Giampaoletti, direttore generale del Campidoglio e braccio destro della sindaca e di Gianni Lemmetti, l’assessore al Bilancio; Mauro Baldissoni, dirigente della A.S. Roma, etc. La sfilata giudiziaria delle personalità si trasformerà in un ‘crescendo giudiziario’ già a partire dal prossimo autunno, con le otto udienze, tutte confermate, del 7, 15 e 17 settembre, poi 5 e 13 ottobre, poi ancora 5 e 12 novembre, fino a quella del 10 dicembre. Col calendario che riprenderà da gennaio al ritmo di 3 udienze al mese.
15 LUGLIO: IL FALLIMENTO
In terzo luogo, i problemi sono anche economico-finanziari: su Parsitalia, storica società del Gruppo immobiliare, incombe l’ombra del fallimento. L’udienza dello scorso 20 giugno è slittata al prossimo 15 luglio, nonostante il Gruppo Parnasi chiedesse ulteriori 90 giorni di tempo. I magistrati non sembrano intenzionati a concedere ulteriori rinvii, ma pretendono risposte concrete: i soldi per pagare i grossi debiti che incombono sul Gruppo pari a non meno di 67 milioni di euro ci sono? I nodi, insomma, sono arrivati tutti al pettine, compreso quello della trasparenza, visto che i cittadini erano in passato e continuano ancora oggi ad essere gli ultimi a sapere le cose.